Realizzazione delle fotografie e delle grafiche del catalogo della mostra “Tocheti de tempo” di Luciano Donegà, organizzata da Fabiola Faidiga, CASA CAVE.
Luciano Donegà
TOCHETI DE TEMPO
Personale presso lo STUDIO MIMA
Visogliano, 1 – Duino Aurisina, Trieste
dal 13 al 27 giugno 2015
introduzione
Fabiola Faidiga
presentazione
Katarina Lomić
TOCHETI DE TEMPO di Luciano Donegà è stato pubblicato
da CASA C.A.V.E | Contemporary Art VisoglianoVižovlje Europe
nell’ambito del Progetto OVER,
presentato presso lo STUDIO MIMA in data 13 giugno 2015.
fotografie e grafica
MassimoGoina.com
ringraziamenti
Mima Semec, Grazia Semec, Mattia Amato, Rosticceria “il Cucinotto”
CASA C.A.V.E
Contemporary Art VisoglianoVižovlje Europe
Visogliano, 9/R – Duino Aurisina, Trieste
casacave.art@gmail.com
mob. +39 3334344188
STUDIO MIMA
Visogliano, 1 – Duino Aurisina, Trieste
mob. +39 3487793444
LUCIANO DONEGÀ
Studio | Laboratorio
Sistiana, 6A/5
tel. +39 040 291198
Rosticceria “IL CUCINOTTO”
Sistiana, 46 – Duino Aurisina, Trieste
tel. +39 040 299983
Voglio dimostrare cosa si può realizzare con quasi niente. Sono attratto dall’idea di trasformare. Ad ogni realizzazione anch’io maturo e matura il mio stato d’animo.
Fin da bambino, Luciano era affascinato dalla falegnameria situata vicino a casa, osservava il lavoro dell’amico falegname e talvolta poteva tagliare per gioco il legno in piccoli pezzi e portali a casa. Una prima sperimentazione che Luciano non ha mai dimenticato e che da bimbo gli permetteva di trovare “un angolino personale e creativo” nella sua grande e amata famiglia.
Oggi i suoi lavori portano traccia di quella giovanile esperienza. Piccoli pezzi di legno, recuperati nelle falegnamerie, nei depositi del territorio o in casa, residui di lavorazioni o pezzi di mobili e cornici, sono ritagliati nel suo domestico studio/laboratorio in ancor più minuscoli pezzi e riconvertiti in opere ed installazioni dove gli elementi dominanti sono il recupero, l’accumulo e l’aggregazione tramite l’uso della colla, legante costante e fondamentale nella sua ricerca di armonia fra colore e forma.
Al legno si aggiungono gli orologi che Luciano ha recuperato in varie fasi della sua vita: vecchi orologi del padre orologiaio, orologi rotti o non più usati, personali e degli amici o acquistati nei mercatini dell’usato.
L’idea dell’accumulazione dei vari materiali, analoghi o eterogenei, è stata spesso praticata nell’arte contemporanea. Pensiamo al Merzbau (oggetti-memorie di amici) di Kurt Schwitters (1887-1948), alle scatole di Gianfranco Baruchello (1924), alle casse con pezzi di legno di ogni genere di Louise Nevelson (1899-1988) ed infine alle opere del genio della creatività Arman (1928-2005), esponente di rilievo del Nouveau Réalisme degli anni ’60.
Ci troviamo davanti ad una rivisitazione dell’estetica dell’oggetto stesso: non è più l’oggetto ad associare il valore estetico al valore d’uso, ma sono i suoi frammenti, altrimenti privi di uso, con le loro qualità estetiche, a consentire inedite relazioni fra i materiali e le forme, che acquistano nuova vita e innescano una nuova dimensione della sensibilità.
Ad esempio, in Donegà, l’agglutinazione degli orologi fermi diventa un insieme unitario che compone un nuovo oggetto di contemplazione fatto di “tocchetti di volume-tempo” che scandiscono la sua costante ricerca di nuove creazioni.
Nella serie di orologi “A mio papà” il tempo segnato dai quadranti, sempre fermo ad una stessa e precisa ora, allude al tempo assegnato alla riflessione, al ricordo, alla memoria e si arricchisce di un significato emotivo e autobiografico.
Luciano ama dire: “Con quasi nulla, solo un cesto pieno di pezzetti di legno, qualche orologio e della colla, si può costruire un Mondo”. Forse non lo sa, ma una dichiarazione quasi identica “Io non faccio che mettere un po’ di colla su degli oggetti…” è quella di un grande artista-cuoco, della corrente del Nouveau Réalisme, Daniel Spoerri che amava incollare gli oggetti della quotidianità sopra una tavola e che a Düsseldorf aprì il ristorante Spoerri con annessa la famosa Eat Art Gallerie.
La vita di un uomo è raccontata anche attraverso gli oggetti di uso quotidiano, ma anche la vita di un oggetto appartiene all’uomo che ne fa uso e, come l’uomo, l’oggetto si consuma, si deteriora e arriva inesorabilmente ad una fine funzionale. Dopo questa fine, Luciano si impossessa delle forme rimaste (forse dell’anima?) e le fa incrociare con un supporto; nell’opera “Il cassetto del tipografo”, simile ad una pittoscultura, un semplice cassetto diventa cornice/contenitore che racchiude forma/contenuto. In una dimensione quasi metafisica l’oggetto si trasforma, prende una nuova vita e, nel rivestirsi d’espressione artistica, si eternizza: un “tocheto de tempo” ben saldo e preservato.
Donegà crea d’istinto, incolla con ordine e presagita eleganza gli scampoli di legno su un supporto solido e duraturo e giura di non aver mai sentito parlare di Arman. Racconta di essersi ispirato ai lavori con il legno antico dello scultore naif trentino Vigilio Jelicho, superandone, a mio parere, la fluida ma facile vena figurativa perché, citando Arman, “l’arte non è mettere ordine nel mondo, ma suggerire metodi di aggregazione capaci di sviluppare processi di conoscenza interna ed esterna, interiore ed esteriore”. Donegà taglia e incolla, ormai da più di vent’anni, con una passione per la forma astratta che è diventata arte anche nella sua inconsapevolezza e oggi finalmente, grazie al Progetto OVER, ci presenta la sua prima mostra personale, ribadendo tuttavia che non si sente un artista perchè nella vita è principalmente un cuoco, ma non si tratta anche in questo caso di legare tocchetti eterogenei (di cibo) con arte sapiente? Alla ricerca di nuove percezioni (di gusto)? Forse e sempre alla ricerca dell’inesprimibile? L’unica differenza tra le due attività consiste a mio avviso nella preferenza data in campo artistico all’oggetto sulla materia prima.
L’invadenza dell’oggetto nell’arte e nella vita del ’900 ha fatto aggio sulle idee delle tante correnti artistiche che hanno elaborato la possibilità di nuove forme di libertà espressiva. Nell’epoca del feticismo della merce, l’oggetto soccombe, si accumula, si aggrega e si disintegra, in una mutazione continua e costante, dalla “legge del caso” dei dadaisti all’automatismo psichico dei surrealisti (Accoppiamento di due realtà in apparenza inconciliabili, Max Ernst – Poesia che nasce spontaneamente dal gesto di collocare un ombrello su un tavolo operatorio, André Breton) giunge con Joseph Beuys a sottomettersi nuovamente all’energia dell’uomo attraverso il processo della creatività. L’uomo libero è l’uomo che agisce creativamente. Ogni uomo libero è un artista, diceva Beuys.
Con la sua arte Donegà è libero e riempie gli scaffali di ricordi e di visioni ricche di elementi intimi ed evocativi: ricordi d’infanzia con le “Giostre” che girano, con i giochi di “Flipper”, “Dama infinita” e “Mini Maker”, visioni di città immaginarie come in “Città futura” e “Metropoli 1 e 2”, oppure rivisitazione di luoghi e memorie nell’installazione “Retro bottega dell’orologiaio” e negli intrecci di “Tempo d’oro” e “Trasloco”. In “Flipper” Luciano crea una specie di pinball con pezzetti e meccanismi di legno, sculturine africane dipinte in bianco e uno scuro di finestra, rievocando con metodo arcimboldiano un oggetto di uso quotidiano, esaltandolo come fosse Pop Art.
Ma tanta acqua è passata sotto i ponti dagli anni ’60: la società dei consumi ha mostrato già da tempo il rovescio della medaglia, e il riutilizzo degli oggetti di scarto oggi è un dovere per tutti. Per Luciano il recupero dell’oggetto è dimensione per elaborare e vivere la sua sensibilità artistica ed etica: “Dobbiamo immaginare un mondo nuovo e prendere coscienza della necessità del riuso, del riciclo e del risparmio”. L’arte da sempre ha saputo insegnare strade nuove e far nascere nuovi mondi.
Katarina Lomić